Ivan Brentari
4/4/2023
INTERVISTA
Ho scambiato alcune parole con Emiliano Dal Toso, amico e giornalista, riguardo all'uscita di Nel fuoco si fanno gli uomini in formato audio.
Ivan, Nel fuoco si fanno gli uomini è un libro che sta attraversando diverse tappe, ed è arrivato a diventare un audiolibro prodotto da Audible. Cosa pensi di questa nuova forma di espressione, e cosa aggiunge al tuo romanzo?
Gli audiolibri si stanno diffondendo fra i lettori/ascoltatori, negli USA ormai rappresentano una fetta importante della proposta narrativa. Devo dire che l’audiolibro di Nel fuoco si fanno gli uomini, letto da Riccardo Ricobello, riesce bene a intercettare il taglio cinematografico del romanzo. La storia è molto rapida: dialoghi, azione, ancora dialoghi. L’interpretazione dell’attore offre vari registri, ogni personaggio ha la sua voce, sembra un vero e proprio radiodramma, un film senza immagini.
Quindi ti sembra che dia un apporto quasi immaginifico al romanzo.
Crea un’opera parallela all’originale, sotto certi aspetti aggiunge anche qualcosa di più.
E riesce a valorizzare l’approccio cinematografico del tuo racconto.
È un po’ paradossale, perché mancano le immagini, però sì.
Senti, entrando più nello specifico: Nel fuoco si fanno gli uomini è il primo capitolo di una trilogia. Quali sono le prospettive di questo progetto? Stai già lavorando al secondo e al terzo libro?
I due romanzi che seguono sono già scritti. Sto rivedendo il secondo per passarlo in lavorazione ad Audible. Non ci sono tempi di uscita, però è normale per questo genere di manufatti, la cui produzione attraversa più passaggi tecnici di un libro tradizionale. La trilogia l’ho sviluppata in una decina d’anni. Nel fuoco si fanno gli uomini ho cominciato a scriverlo nel 2011, poi ha avuto varie stesure nel corso del tempo, fino alla pubblicazione con Piemme. Il secondo l’ho scritto fra il 2012-2013, e poi limato a più puntate fino al 2020, data dei ritocchi più recenti. Il terzo capitolo, per molti aspetti il più doloroso anche nella scrittura, l’ho concluso nel 2020 dopo due anni di lavoro. È un percorso decennale, che ha trovato una via un po’ fuori dai canoni per svilupparsi.
Un elemento che a me colpisce sempre nella tua narrazione è che fai emergere una Milano in controtendenza rispetto al racconto diffuso da altri scrittori. Cerchi di raccontare la città della tradizione di un tempo, richiamando i romanzi degli anni ’70-’80, però anche quella popolare che si oppone a quella più europea da Bosco Verticale, per capirci. Com’è cambiata questa città rispetto al momento in cui hai scritto il libro?
I noir ambientati a Milano molto spesso finiscono per raccontare, o hanno la pretesa di raccontare, la periferia e la marginalità. Altrettanto spesso capita che gli autori che lo fanno lo facciano da una posizione borghese. Non è una colpa, è appartenenza di classe, però effettivamente è così. Il racconto diventa sempre un po’ consolatorio. C’è una sorta di buon selvaggio milanese che abita le periferie, che è povero e che però tutto sommato, col suo esistere, rappresenta una via umana allo sviluppo.
Io, nell’esperienza del mio libro, ma anche nella realtà come abitante della periferia, trovo persone orribili anche ai margini. Non c’è quella superiorità morale della periferia, di cui gli scrittori della borghesia investono la periferia stessa. E anche Nel fuoco si fanno gli uomini in fondo mostra, nella marginalità, un’abiezione spesso cattiva.
La Milano che io mostro è vecchia di dieci anni, e negli ultimi dieci anni la città è cambiata molto.
Come?
I poveri sono stati letteralmente espulsi dalla città a colpi di aumenti d’affitto, ad esempio. Non mi vergogno di dire che io stesso ho partecipato all’esodo e ormai da sei anni vivo alle porte della città, a cifre più accessibili.
Del fenomeno ne hanno scritto anche molti quotidiani di recente.
La stampa si sveglia solo adesso perché solo adesso il problema ha raggiunto la classe media, a cui appartengono i capiredattori. Milano perseguita la povertà da anni. Arrivano decisamente in ritardo.
Mi sembra che nei tuoi libri tu abbia un grande rispetto verso le regole del noir. Viviamo in un’epoca di serie tv e romanzi dove va di moda questa concezione un po’ postmoderna del rivoluzionare i canoni. Quanto ti senti legato a questa radice noir? È un valore aggiunto riproporre questi schemi?
Io ho delle regole. La storia domina i personaggi, i personaggi dominano me, io sono al servizio di storia e personaggi. Quello che credo di recuperare dalla tradizione noir è la cura per la trama. Molto spesso nel giallo si cerca di fare romanzi di ambientazione: storia abbozzata, descrizioni lunghe, pipponi psicologici. Per me queste cose non contano, come pure non conta davvero lo stile. Mi interessano di più i mattoni degli stucchi. Questa è la lezione del noir.
Una lezione che probabilmente hai appreso da alcuni autori di riferimento. Chi sono?
Guarda, gli scrittori sono tutti fratelli. È come se la letteratura fosse un enorme libro, dove ogni autore/autrice sta nel suo angolino a scrivere la sua parte. Dai più bravi ai più cani. L’insieme dei contributi di tutti crea la letteratura mondiale. È difficile dire quale scrittore ti ha dato di più. A volte leggi solo una frase di uno scrittore che poi non approfondisci, però quella frase lascia il segno. Poi è chiaro che ci sono autori specifici che mi hanno influenzato.
Anche formato.
Sì, anche formato. Con gli anni mi sono accorto che Nel fuoco si fanno gli uomini era molto condizionato, anche a livello di struttura, dai libri di Camilleri.
Ecco, tu sei un grande difensore di Camilleri, nel senso che hai sempre fatto notare che nonostante la popolarità e la grande diffusione della serie di Montalbano, Camilleri avesse una sua unicità nel panorama del noir italiano.
E la capacità di scrivere storie, con trame accurate e di grande qualità. Utilizzava poche parole, che è la cosa più difficile, e poi però con queste parole costruiva una trama di livello.
Ma anche un mondo.
Sì, creava un vero e proprio mondo. Ha trovato una sua voce originale, che è in fondo la fusione di tre scrittori: Pirandello, Simenon e Sciascia. Pirandello per la sfumatura teatrale, Simenon per l’asciuttezza e la rapidità di ingresso nelle psicologie dei personaggi, e Sciascia per l’affinità dell’approccio sociale della sua scrittura. Oggi possiamo già guardare a Camilleri in prospettiva storica. Ha formato e continuerà a formare con gli sceneggiati Rai e coi romanzi il gusto del pubblico e degli scrittori di genere. Appunto, io non ho fatto eccezione con Nel fuoco si fanno gli uomini.
Anche coi libri seguenti della trilogia?
No, lì ho cercato altri percorsi.
Interessante il discorso del “furto”. “Rubare” dagli altri, però per riformulare e trovare un proprio stile.
È quasi inevitabile assorbire dagli altri. Elmore Leonard diceva che doveva stare molto attento ai libri che leggeva durante la stesura di un romanzo, perché spesso si ritrovava ad assorbirne involontariamente anche solo la punteggiatura. Questo può capitare, c’è una porosità tra autori.
Nella letteratura di oggi va molto di moda il memoir, un percorso un po’ egoriferito dello scrittore, dove è più facile tendere all’identificazione, è anche un metodo un po’ furbo e facile di narrare. Nel tuo romanzo sembri molto distante dalle cose che racconti. Eppure qualcosa di te c’è. Giusto?
Non auguro a nessuno di leggere un libro sulla mia vita, sarebbe noioso. Uno scrittore deve a sé stesso e ai lettori uno sforzo d’immaginazione che vada oltre la propria persona. Inevitabilmente alcuni dettagli della mia biografia sono finiti in Nel fuoco si fanno gli uomini, anche se non sono un poliziotto, un ex-tossico, un assassino, e via dicendo. Io e Valtorta condividiamo Corvetto, il quartiere di nascita. E Milano, certo. Ci sono alcuni episodi della mia vita che, stiracchiati, ritoccati, piallati, arrivano poi nel libro.
Perché oggi un lettore dovrebbe leggere, entrando in libreria, Nel fuoco si fanno gli uomini? E, ribaltando, tu come potenziale lettore che libro sceglieresti?
Be’, a un lettore consiglierei di ascoltarsi l’audiolibro, per provare qualcosa di nuovo e di fatto bene. Quanto a me, sono un lettore molto lento ed è un problema. Significa che non posso sbagliare libro, altrimenti perdo un sacco di tempo. Ultimamente sto leggendo alcuni scrittori cinesi, ad esempio Zheng Xiaoqiong, operaia e poetessa. La Cina è un paese che si avvia ad avere due miliardi di abitanti e del quale non sappiamo nulla. Chiaro, si tratta di una letteratura molto distante dai miei romanzi.
Domande interessanti con risposte chiare, oneste e all'altezza di uno scrittore che ha molto da dire.
Grazie a tutti per il supporto e grazie ai tanti ascoltatori e ascoltatrici dell'audiolibro, in questi giorni si segnalano picchi per Nel fuoco si fanno gli uomini su Audible.
Ivan Brentari
Grazie a tutti/e. E grazie ai tanti che stanno ascoltando il libro.
Ivan Brentari
Sei una fucina di idee Ivan: complimenti!
Ho letto il libro, incalzante ed intrigante. Ora sto ascoltando l'audiolibro e devo dire che è un film senza immagini molto interessante. Insomma
"Nel fuoco si fanno gli uomini" si legge bene e si ascolta volentieri. Lo consiglio!!!
Complimenti! Molto interessante.
Bella intervista! Ascolterò sicuramente l'audiobook.