Ivan Brentari
22/2/2019
LA SETTIMANA DELLA MODA
Mi sono preso un pomeriggio di stacco e sono andato a fare due passi nel Quadrilatero della Moda.
Ho camminato piano, con una certa esibizione della lentezza, perché mi sembra che questo aumenti il piacere dello spreco di tempo. Tipo un pianosequenza di Sorrentino.
Ho visto alcune delle facce più strane che mi sia mai capitato di vedere.
C'erano turisti attratti dalla settimana della moda, operatori professionali della settimana della moda, tecnici dell'omosessualità classista, poliziotti, autisti di berline scure marchiate Camera Nazionale della Moda Italiana, signore ricchissime in tuta da ginnastica, davvero messe peggio di me quanto ad abbigliamento, ma si capiva chiaramente che la loro era l'estenuazione di fronte al lusso che solo le mogli dei banchieri che in quelle vie ci abitano 365 giorni all'anno possono permettersi.
Ho provato simpatia immediata per i gruppi di cinesi abbienti e chiassosi che tiravano sceme le commesse delle boutiques. Ho orecchiato almeno dieci varianti diverse della lingua inglese. Mi sono vergognato per quelli che stavano appostati all'uscita di un evento di non so quale stilista sperando di fotografare qualche celebrità che usciva fra i buttafuori per spararsi una sigaretta. Ho scoperto un paio di sfumature inedite della parola "inutile".
Ho carpito poche parole che avessero un senso. Queste:
- Un vecchio alla moglie: «Perché questo settore fa lavorare le persone».
- Una vecchia sciatta - io la immagino sposata con un banchiere - che citofona a qualcuno in via della Spiga e dice semplicemente: «Frida», quando dall'altra parte nessuno le ha chiesto niente.
- Un vecchio imprenditore parecchio alterato ad altri due imprenditori poco meno vecchi. (Si percepiva il risentimento del vecchio imprenditore verso qualcuno che avevano appena salutato, risentimento che l'uomo dava per scontato fosse condiviso, anche se con meno enfasi, dai suoi interlocutori): «Hai capito perché ti guardavo negli occhi mentre quello parlava?!»
- Una modella asiatica a me: «Do you have a lighter?»
- Una giovane impiegata meridionale di qualche ufficio lì intorno - si intuiva la sua subalternità nella gerarchia aziendale - alla, diciamo, madre che l'ha chiamata dal paese: «Mò devono capire che basta. Mò basta!».
Ho anche scoperto con grande stupore che in via della Spiga c'è una scuola elementare. Considero da sempre il Quadrilatero una zona morta che rivive di giorno con le trasfusioni dei turisti, ma che in realtà è solo un cadavere a vocazione commerciale; ritrovarci un posto frequentato da bambini, che per me sono l'immagine più semplice e limpida della Vita, mi ha scosso.
È passato un simpatico finocchione sudamericano che mi si voleva ingroppare. È passata una in minigonna che io mi sarei ingroppato. Un driver con gli occhiali scuri ha caricato una modella coi capelli rosa su un minivan.
Ho percorso le seguenti vie: via della Spiga, via Montenapoleone, via Bagutta, via Baguttino, corso Matteotti.
Poi a un certo punto sono stato preso dal disgusto per il genere umano. Una sorta di superiorità verso il prossimo che mi ha messo molto in imbarazzo con me stesso. Meno male che una persona cara mi ha telefonato, così mi sono informato meticolosamente su alcuni suoi lievi malanni fisici e questo mi ha permesso di non pensare.
In generale, direi che la spedizione in centro - in centro non ci vado praticamente mai - è stata un abominio, ma mi sono anche divertito.
Anni fa ho scritto un racconto che si chiama Vertigo. È ambientato nel mondo della moda, anche se con la moda non c'entra quasi niente. La verità è che la protagonista di quel racconto, Léa Legrand, cesellata sulla figura di Vera Von Lehndorff, doveva essere uno dei personaggi di un romanzo polifonico che stavo progettando, nel quale quattro individui diversissimi svolgevano la loro vita, si incontravano casualmente e, nel momento del contatto, si passavano il testimone narrativo, così che smettevo di raccontare di uno e passavo all'altro. Poi, comunque, i personaggi si sarebbero incontrati ancora, gli uni nelle vite degli altri, fino a che la vicenda sarebbe diventata un unico filone. In seguito trovai altre idee e questa la abbandonai. Il racconto si può scaricare gratuitamente QUI.