Ivan Brentari
5/4/2019
TODO NOIR: IL GENERE LETTERARIO CANNIBALE, TRA DON DELILLO, MO YAN, ROBERTO BOLAÑO E NICOLA LAGIOIA
Qualche mese fa avevo dedicato un post al noir come genere. Raccoglieva alcune idee su quello che, secondo me, dovrebbe essere il noir. Resta inteso che il noir è come il comunismo: ne esistono tante versioni quante sono le teste dei militanti. Ognuna delle quali ha una sua dignità e vari punti di forza e debolezza.
Il noir è un genere letterario essenzialmente morale che offre una visione onesta e non consolatoria della realtà.
Quindi, i cardini fondamentali sono: la morale nera, ovvero un senso etico obliquo e non aderente alla morale comune, che pervade il protagonista e finisce per conquistare il lettore; e poi l’analisi sociale che la vicenda permette di occultare fra le righe.
Detto questo, mi sembra che ci sia un'altra questione interessante da mettere in luce.
Il noir è un genere letterario molto aggressivo nei confronti degli altri generi. E nelle ultime decadi è straripato all’interno di romanzi non esattamente di genere, che però ne hanno utilizzato struttura e stilemi.
Ha incominciato a mangiarsi il resto della letteratura.
Alcuni esempi.
Nel 1978 Don DeLillo pubblica Running dog. È la storia di un gruppo di personaggi improbabili che si lancia nelle ricerche di una misteriosa pellicola pornografica girata nel bunker di Hitler, a poche ore dalla presa di Berlino. Anche se poi la storia prende una piega onirica, nella prima parte del romanzo i meccanismi narrativi girano secondo le regole del noir. Tutti cercano di fregare tutti, e tutti imbastiscono una vera e propria indagine poliziesca (ma senza polizia) per scovare il film segreto.
Il paese dell’alcol del premio Nobel Mo Yan esce in Cina nel 1992. Einaudi lo pubblica nel 2015. L’ispettore Ding Gou’er, inviato dal governo centrale, sbarca in un paese famoso per l’amore dei suoi abitanti verso l’alcol e per la loro arte nel distillarlo. Si dice però che in quello stesso paese sia praticata una terribile usanza: deliziosi banchetti a base di carne di bambino. Ding Gou’er, perennemente sbronzo, indaga alla ricerca della verità.
Poi, Roberto Bolaño: due libri, in questo caso. La pista de hielo e Estrella distante, pubblicati per la prima volta in Italia grazie alla sensibilità di Elvira Sellerio, rispettivamente nel 2004 e nel 1999.
La bandella de La pista di ghiaccio si apre così: “Un noir”. È la vicenda di tre personaggi – un burocrate comunale vicino ai socialisti, uno scrittore cileno fallito che ha fatto fortuna con alcune imprese commerciali sulla Costa Brava, un poeta messicano immigrato – che si ritrovano implicati nella costruzione abusiva di una pista per il pattinaggio su ghiaccio e in un omicidio. Per la verità Bolaño destruttura gli elementi del noir, che «vengono smontati e rimontati seguendo un metodo che si potrebbe dire cubista», ma il motore di fondo resta l’indagine, la ricerca, come nel giallo classico.
Stella distante. Tutto ruota attorno a Carlos Wieder, brutale torturatore ai tempi della dittatura di Pinochet ma al contempo poeta, perché anche il male può partorire la bellezza. Arturo, il narratore della storia ed ex-prigioniero politico, si troverà coinvolto nelle ricerche di questo mostro-esteta, insieme a un detective. Una caccia all’uomo che finirà a Lloret de Mar, ancora sulla Costa Brava, forse con una vendetta.
Venendo in Italia, penso a Nicola Lagioia. Sia Riportando tutto a casa (adolescenza, eroina, anni Ottanta, individualismo, febbre del guadagno) che La ferocia (giorni nostri, gli affari sporchi di una famiglia di palazzinari, l’autopsia letteraria di un Paese di squali), pur trattando tempi e temi diversi, finiscono per presentare uno schema simile. Un ragazzo originario di Bari, dopo anni di esilio, torna nella sua città per venire a capo di un mistero. Incontra gente, fa domande, insomma indaga.
In tutti questi libri, tranne in alcuni brevi passaggi, manca il tratto stilistico tipico del noir, ovvero l’approccio behaviourista, quello per cui sono i comportamenti dei personaggi a svelarne i pensieri, senza che l’autore si lanci in scarpinate psicologiche. Al contrario, questi autori sono maestri nel sagomare il mondo interiore dei propri protagonisti, a dargli luce e profondità.
Tuttavia, come accennavo, lo scheletro narrativo che regge tutto è largamente mutuato dal noir e si basa su investigazioni più o meno mascherate.
Ciò ha, forse, delle ragioni storiche. Il Novecento ha segnato l’ingresso definitivo delle masse nella Storia. Così come non puoi rifiutare il diritto di voto e rappresentanza a popoli che hanno sofferto due guerre mondiali, allo stesso modo non puoi dare loro una letteratura che li lasci fuori dal dipanarsi della narrazione.
Il giallo e le sue evoluzioni prevedono che il lettore faccia ipotesi, provi ad anticipare le mosse dello scrittore. Partecipi attivamente alla sua personale versione della storia. Indaghi. È un rapporto fisico e una lotta.
La letteratura precedente era eminentemente espositiva. Il lettore doveva mettersi lì a bocca aperta e beccarsi tutto quello che l’autore ci riversava dentro.
Poi quel contratto d’ingaggio diventa insufficiente.
La potenza del noir sta nella divisione delle responsabilità. Si tratta di funzionalità della comunicazione. Un lettore che viene coinvolto così a fondo nella vicenda se ne sentirà più attratto. A livello comunicativo, recepirà più facilmente il messaggio dell’autore perché, almeno in parte, sarà il suo stesso messaggio, o se non altro avrà contribuito a crearlo.
Un modello di lettura partecipata. Democratica, in fondo.
Così, molti scrittori non di genere cominciano a servirsi di alcuni elementi noir. Conviene.
Okay, noir, mangiaci.
Questo processo è in atto da una quarantina d’anni almeno, ovunque nel mondo. In maniera lasca, non sistematica, avanza fra diffidenze da salotti letterari e successo commerciale.
Io penso che sia una delle strade che la letteratura continuerà a battere ancora per un po’. Perché si basa su un modello di sicuro impatto che permette risultati poetici, narrativi e politici di valore.
Il romanzo con la famiglia borghese distrutta dalle proprie stesse contraddizioni, col conflitto genitori-figli, con abbozzi di fantasie sessuali incestuose, con il manierismo psicologico, è morto. Il noir l’ha ucciso strappando il Bene e il Male alle spire sinaptiche e portandoli nelle strade, sotto forma di crimine e repressione del crimine.
Ciò non toglie che libri del genere continueranno a uscire. E alcuni potranno avere un grande valore letterario. Ma saranno cadaveri ben agghindati.
Il noir è necrofilo. Mangerà anche loro. Poi, un giorno, verrà mangiato a sua volta.